Giampaolo Conchedda – Face to Face
Sul numero 34 di Drumset Mag (on line dai primi di Aprile 2015) Daniele Sulis intervista il bravissimo Giampaolo Conchedda, uno dei migliori batteristi italiani e unico allievo sardo del grande Enrico Lucchini, il Maestro dei Maestri. Conchedda ha una memoria prodigiosa e Sulis ne ha approfittato per farsi raccontare qualcosa dei musicisti importanti conosciuti nel corso della sua lunga e luminosa carriera. (Leggi tutto >>)
La prima parte dell’articolo completo è gratis su Drumset Mag n. 34 – Aprile 2015
a pagina 28
E qui di seguito la seconda parte dell’articolo completo
A proposito di Tullio De Piscopo
Quest’estate è venuto a casa mia e ha conosciuto le mie due figlie e la mia compagna, che erano più emozionate di me nel vederlo entrare in soggiorno; abbiamo suonato insieme e mi ha insegnato ancora qualche trucchetto. E dopo aver ascoltato qualche disco (ho circa una trentina di LP jazz con Tullio alla batteria) siamo andati a cena. Poi mi ha richiamato il giorno del concerto a San Teodoro e la sera a cena mi ha presentato ai suoi amici dicendo: “Lui è il mio amico Giampaolo Conchedda un grandissimo batterista”, e abbiamo improvvisato un breve siparietto con forchette e coltelli. Mi ha emozionato aver sentito quelle parole, e ti posso dire che lui a 69 anni è ancora il numero 1, è la nostra luce, nonostante abbia avuto l’anno scorso problemi seri di salute. Ma quando uno è grande, lo è per sempre, non si deteriora nel tempo.
Il grande clarinettista Tony Scott…
Credo fosse novembre del 1974, lo accompagnava il trio di Romano Mussolini con Roberto Spizzichino alla batteria e Pierino Montanari al basso elettrico. Ho il ricordo di lui con Spizzichino in piedi, appoggiati di schiena al muro del camerino al teatro Eliseo che suonano con le mani sul muro e io da buon rompiscatole che chiedo loro che ritmo stessero suonando. In realtà era Tony Scott che insegnava un esercizio di poliritmia al giovane Spizzichino, che provava a capirne il disegno, che consisteva nel fatto di suonare contemporaneamente con il piede sinistro 4, con il destro 5, con mano destra 3 e con la sinistra 7. A me al momento – e per qualche mese – sembrava impossibile riuscire a farlo, ma lo provai all’infinito e dopo diversi mesi riuscii a trovarne l’incastro.
Enrico Lucchini
Il primo periodo facevo lezione in coppia con Maurizio Marchiando, e proprio a lezione conobbi il sassofonista Larry Nocella, che alloggiava di fianco alla stanza dove facevamo batteria. E giacchè andavo alle 14, puntualmente lo svegliavo, avendo lui suonato fino all’alba. Una volta entrò in pigiama e pantofole con il sax e la partitura di Honky-Tonk Train Blues chiedendo al maestro di accompagnarlo con la batteria, ma Lucchini declinando l’invito fece suonare me. Io veneravo il mio maestro e spesso con lui capitava di andare a piedi verso la stazione, ed ero contento di stare qualche oretta a chiacchierare, anche discorsi filosofici sull’esistenza, sulla vita, mi faceva vedere i calli sulle mani orgoglioso di dirmi che la casa dove sarebbe andato ad abitare la stava costruendo con le sue mani… Era una persona molto umile e generosa, una volta stavamo bonariamente litigando alla cassa per chi avrebbe pagato il panino e ognuno voleva offrirlo all’altro. Per noi allievi è stato come un padre, quando entrava in sintonia si confidava e si lasciava andare. Conservo ancora una cartolina speditami da Christian Meyer con i suoi saluti per me. Bei ricordi.
Biriaco e Marangolo
Il seminario più entusiasmante fu a Siena: ricordo vi parteciparono allievi del calibro di Marco Volpe e Giorgio Crescini, che studiava come me a Milano. L’insegnante per la classe di batteria era un mio idolo, un pezzo di storia della batteria italiana, il grande Bruno Biriaco del Perigeo, compositore creativo dal drumming fluido ed elegante, preparatissimo armonicamente: ho ancora la sua foto appesa nel mio studio. Lo vidi suonare a Nuoro nella primavera del 1972 con il quartetto di Giorgio Gaslini, di cui facevano parte anche il giovanissimo Massimo Urbani allora quattordicenne come me, e Roberto Dalla Grotta al contrabbasso. Ho un bellissimo ricordo di Bruno, al quale ero affezionatissimo. Mi insegnò tante cose sulle strutture, sul blues, sul turnaround e sul suonare in Big Band: mi consigliò l’ascolto della Thad Jones-Mel Lewis-Big Band (…). A Siena ai saggi degli allievi mi fece suonare con Paolo Fresu e ci presentò così: “Alla tromba il Freddy Hubbard della Gallura, Paolo Fresu, e alla batteria l’Alphonse Mouzon italiano, Giampaolo Conchedda”. Un altro seminario interessante lo feci a Roma per una settimana nel 1987 con Agostino Marangolo, che in quegli anni aveva un modo personale di suonare: un drumming frizzante molto moderno che colpiva non tanto per la tecnica, di cui aveva una perfetta conoscenza, quanto per il suono, l’uso delle dinamiche e sopratutto la costruzione delle frasi. A me piacevano molto i suoi fill, aveva un drumming interessante anche più del francese Manù Catchè. Tra l’altro Agostino aveva suonato con Fabio Pignatelli nel disco Stazzi Uniti del cantautore Piero Marras, di cui divenni il batterista.
Dennis Chambers
Era il 1991, venne nel mio studio con un interprete assieme all’organizzatore del concerto perchè necessitava di una batteria: e ne approfittai subito per fare qualche scambio con lui. Meno male che avevo la macchina fotografica in auto, così – con la sua grandissima disponibilità – feci immortalare quel momento. Dopo il concerto mi regalò le sue bacchette, senza che gliele avessi chieste, e mi omaggiò pure della sua chiavetta Zildjian, poi andammo a mangiare, in compagnia del bassista Jimmy Haslip, e parlammo a lungo della storia della batteria. Quando ci salutammo m’invitò ad andare a trovarlo in America.
I colleghi italiani che stima e ascolta più volentieri
Da vent’anni a questa parte non ne ho sentiti tanti, anche perchè con Internet non vado molto d’accordo… Il mio grandissimo amico Christian Mayer riesce sempre a emozionarmi, sia che suoni in Big Band o che faccia fusion; lui mi coinvolge anche se parla, è un ottimo comunicatore di sensazioni positive, tecnica sopraffina e grande conoscitore di tutta la tradizione batteristica; è di una classe immensa e sull’improvvisazione è proprio a livelli mondiali. Mi è sempre piaciuto anche il grandissimo Ellade Bandini: lo vidi con De Andrè, Guccini e Bennato, grande energia, sempre puntuale, preciso e pochi fronzoli, davvero una bella persona. Sono stato anche un sostenitore di Giulio Capiozzo, perchè ero e sono un fan degli Area. Walter Calloni lo vidi nell’81 con PFM: non ce n’era per nessuno, un tiro pazzesco e un cuore così, con la sua tutina gialla, aveva appena 25 anni e secondo me era tra i migliori in Europa. Paolo Pellegatti suona da paura già dal 1976, quando passava a prendermi a casa con un suo amico che guidava per recarci al Club 2 a Brera in cui suonava appena diciannovenne con Manusardi, Terzano e Peter Guidi. Lui è un incrocio tra Mel Lewis e Billy Hart, una persona di una generosità infinita. Poi Roberto Gatto: quando suona in piccoli gruppi è imbattibile. Un altro che mi piace ascoltare è Massimo Manzi, con il suo uso coinvolgente delle dinamiche. Ascolto volentieri Marco Volpe, molto sensibile e pertinente, poi apprezzo Maxx Furian: bel gusto quando suona jazz. Anche Derek Wilson, conosciuto per il suo groove solidissimo, ha classe in contesto big band. Poi c’è Sergio Pescara, tremendo! E il grandissimo Elio Rivagli. Tra i giovani Federico Paulowich è allucinante, oltre che un ragazzo d’oro. Poi trovo molto interessante anche Matteo Mammoliti.
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Tags: agostino marangolo, bruno biriaco, daniele sulis, Enrico Lucchini, Face to Face, Giampaolo Conchedda, Tony Scott, tullio de piscopo