Gianfabio Cappello

Written by Luciano Beccia. Posted in Musicians, Paper2Media

Cappello-tmbTra i protagonisti dei Face to Face, ossia delle interviste pubblicate sul numero di giugno 2013 di Drumset Mag, c’è Gianfabio Cappello, autore per la Edizioni Curci del bestseller La Bibbia del doppio pedale. Ecco le risposte date ad alcune domande che non ha trovato spazio sul magazine. Le foto della gallery sono di Sergio Carrara. (Leggi tutto>>)

Il tuo curriculum racconta di collaborazioni sia live sia in studio e negli stili più disparati. Quali stili reputi più importanti ?
Penso che ogni musicista debba suonare di tutto – non esiste un genere superiore all’altro – e per fare questo devi essere molto preparato.
Tra queste collaborazioni, quali hanno segnato particolarmente la tua carriera?
L’esperienza avuta con i Line Out; eravamo in tre (basso, batteria e tastiere) ed eravamo un gruppo cover della Chick Corea Elektric Band: quante ore a provare, ma anche quanta soddisfazione!
Quali sono i tuoi batteristi di riferimento?
Questa è una domandona… Diciamo che sono cresciuto ascoltando jazz, quindi tutti quei batteristi che hanno ‘inventato’ lo studio e le tecniche della batteria, e potrei citartene una valanga oltre ai soliti noti. Nel contempo ho avuto anche un’evoluzione personale buttandomi molto sulla fusion degli anni 80/90. In particolar modo ho approfondito e studiato tanto Steve Gadd, Dave Weckl, Vinnie Colaiuta, Greg Bissonette, Peter Erskine e soprattutto un batterista che amo tantissimo, Manu Katchè: stile, pulizia, tocco, precisione, dinamica, secondo me ha tutto questo. Poi ovviamente ho ascoltato e analizzato anche altri grandissimi batteristi dei generi più diversi e disparati, dal metal al rock, passando per lo ska, e ho potuto constatare che ci sono grandissimi musicisti al mondo! Un giorno mi chiama Giorgio Gandino e mi dice: “Ciao Gianfabio, come stai? Senti, ti va di suonare con me un brano per due percussionisti di una certa Vanessa Lann, American accents,..ma nulla di che…”. Praticamente era ed è una brano allucinante, di una difficoltà mostruosa, con percussioni e cantato contemporaneamente. Bellissimo, ce l’abbiamo fatta, tanti applausi e tre bis… Bravo Giorgio!
Il tuo approccio allo strumento cambia tra le situazioni live e quelle in studio?
Personalmente ritengo che in studio ci voglia una maggiore preparazione e concentrazione rispetto a un live.

L’articolo completo è su Drumset Mag n. 14, giugno 2013, pagg. 36-38

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