Giovanni Giorgi – Spotlight

Written by BOB Baruffaldi. Posted in Drumset Mag - Edizioni Mensili, Drumset Mag n. 28 – Ottobre 2014, Musicians

Giovanni Giorgi - SpotlightQualità è il termine che descrive alla perfezione la personalità del batterista che occupa la copertina del n. 28 di Drumset Mag, in edicola a Ottobre 2014. Musicista estremamente raffinato e preparato sotto ogni punto di vista, dotato di tecnica sopraffina, gusto infinito e di un controllo incredibile sullo strumento, Giovanni Giorgi si contraddstingue per la sua maniacale attenzione verso i dettagli, come si può evincere dal video collegato a questo articolo e realizzato in esclusiva per Drumset Mag. (Leggi tutto >>)

Cosa cerchi nelle persone con cui suoni, e quali sono le qualità che apprezzi maggiormente?

La prima cosa che considero è il fattore umano: se il tempo passato insieme è di qualità, allora anche la musica può esserlo. Il grande performer mi colpisce per il suo estro, per il modo di ‘immaginare’ la musica e gli spazi, e infine per la sua manualità. Personalmente poi, apprezzo nei musicisti che incontro la stabilità sul tempo, la componente creativa e il fatto che possa chiedere loro di lasciarsi andare in qualsiasi momento. Sapersi prendere dei rischi e intraprendere strade inconsuete è eccitante e crea sorpresa, soprattutto in chi suona. Utilizzare diverse chiavi espressive può risultare vantaggioso.

Approccio live & studio: a quale situazione ti senti appartenere maggiormente e quali sono i tuoi approcci?

Giovanni Giorgi - SpotlightDal vivo è bello sperimentare, le mie situazioni ideali sono il teatro o i posti chiusi, dove il suono degli strumenti non rischia di essere snaturato dall’amplificazione, talvolta eccessiva. Certo, suonare live in grandi spazi generi come come il pop o il funk è un’altra questione.

Ricordo con piacere la promozione del disco As it Used 2B dei Foundaction, la band di Sergio Cocchi, quando dividemmo il palco con Chaka Khan, Maceo Parker e gli immensi Tower of Power, situazioni estese e con grandi suoni.

In contesti più contenuti, tuttavia, sento di potermi esprimere al meglio anche a livello di dinamiche. In studio entra in ballo il lato artistico e il senso estetico, necessari affinchè la registrazione risulti gradevole, anche dopo moltissimi ascolti.

Solitamente in quest’ultimo contesto porto con me un buon numero di rullanti e piatti, oltre a un set esteso; in questo modo, una volta microfonato il tutto, si sarà in grado di scegliere lo strumento più adatto da utilizzare nelle riprese. Quando registro da me capisco subito cosa funziona, di solito la prima take mi serve per realizzare cosa va tenuto in considerazione e cosa eliminato, in seguito registro lavorando sulle idee che reputo funzionali.

Cosa ti aiuta a concentrarti prima di un evento o di un impegno importante?

Se si parla di musica cerco di preparami entrando mentalmente in ciò che debbo affrontare, la scelta dei suoni e degli strumenti. Se c’è il tempo imparo a memoria le parti, oppure se non ci sono scores a disposizione, trascrivo e interiorizzo il materiale.

Attraverso Youtube è possibile aggiornarsi in tempo reale su qualsiasi tipo di produzione e, se necessario, individuare una versione dello stesso brano incisa da artisti diversi.

In generale cerco di arrivare sereno all’impegno preso, anche se si tratta di questioni al di fuori della musica.

Parlando della tua esperienza nel campo della didattica: come hai iniziato e come la imposti, cosa ti colpisce dei tuoi allievi e che rapporto hai con loro oltre la musica?

Giovanni Giorgi - SpotlightLa didattica è una parte importante del mio percorso di musicista perchè mi aiuta a razionalizzare argomenti e tecniche specifiche per poterle poi proporre in tranquillità a mia volta.

L’aspetto più difficile all’inizio è stato quello di rendere fruibile ciò che a me viene naturale sullo strumento dopo anni di pratica e di ascolto; è sicuramente il risultato di tanti fattori, lo studio, certo, ma c’è molto di più.

Posso identificare la fase più intensa e importante per me nel periodo che va dai miei 13 ai 16 anni. Successivamente le esperienze fatte sul campo, gli ascolti, sempre consigliati da musicisti più esperti, le letture, i viaggi, i successi come anche le delusioni, tutto ha contribuito in egual misura a farmi crescere sullo strumento e come didatta, anche al di fuori della musica.

Di uno studente in genere mi colpisce l’iperattività e la voglia di scoprire. Io dò il 1000% a lezione e ho piacere quando parte di questa energia torna indietro a livello di feedback. Ho realizzato tuttavia che la troppa disponibilità di materiale genera a volte effetti contrastanti; tempo fa due ragazzi entrarono in aula e mi chiesero: “Che si fa oggi?”. Ciò che gli studenti non realizzano in tempi brevi è che la musica non è come andare al ristorante, dove ogni giorno c’è un menù diverso; metabolizzare e interiorizzare SUL SERIO le lezioni svolte fornirà loro i mezzi per trovare la loro strada, un giorno.

Gli studenti mi tengono aggiornato su tutti i generi musicali possibili e su qualsiasi disco in uscita. Nei miei corsi, oltre a curare il lato creativo legato allo strumento, affronto vari percorsi che toccano la lettura, l’interpretazione, l’indipendenza e la coordinazione.

A tal proposito adoro proporre uno studio che Marco Volpe mi fece fare da ragazzo, che consiste nel cantare uno standard e leggere un esercizio di coordinazione, spesso dal Four-Way Coordination. Personalmente questo tipo di pratica mi aiutò molto nell’indipendenza tra mente e movimenti.

Insisto anche nell’analisi dei linguaggi, dal trio alla big band, attraverso brani suonati dai giganti del passato come Gene Krupa, Max Roach, Philly Joe Jones, Elvin Jones, Tony Williams e molti altri, fino ad arrivare situazioni più moderne e avant-garde.

Mi piace analizzare inoltre come costruire e arrangiare un brano in generi musicali anche diversi tra loro.

Infine, con alcuni ragazzi si è creato un rapporto di amicizia al di fuori del contesto scolastico, capita di fare viaggi insieme, condividere i momenti del sound check e, come nel caso di Gaetano Brignone che è molto bravo, affido loro parti da trascrivere e compiti di fiducia.

Nei tuoi dischi è presente l’elettronica, la utilizzi anche dal vivo?

Mi piace alternare situazioni sonore elettriche ad altre di suono completamente acustico. Ciò che cerco di evitare è il classico collage in cui la parte elettronica risulta separata da quella acustica: sarebbe come assistere alla visione di uno di quei film dove tutto è stato realizzato al computer, e la componente umana è in percentuale di minoranza.

Il mio obiettivo è far interagire tutti questi stimoli in un ‘suono’ unico; il mio primo disco, Dawn, con Gianluca Petrella al trombone, Andrea Lombardini al basso e Sergio Cocchi alla voce, esprime questo tentativo, in particolare il brano “2880”, nel quale la batteria viene ricalcolata, dilatata/timestretchata live e abbassata di pitch.

In studio si ha il tempo di cercare una strada convincente e si possono isolare e scegliere le idee più significative; dal vivo è diverso e occorre chiarezza nell’esposizione, ultimamente cerco di portare live meno attrezzatura possibile per mantenere una certa coerenza di idee.

Mi piacciono molto l’Electro-Harmonix 2880 Multi-Track looper e l’Eventide pitch factor, entrambi presenti nel video che abbiamo realizzato per i lettori di Drumset Mag.

Foto Gallery

L’articolo completo è pubblicato su:

Drumset Mag n. 28 di Ottobre 2014, da pagina 24 a 29
In Abbonamento e in edicola in tutta Italia dal 1 Ottobre 2014.

Acquista l’arretrato cartaceo e digitale o attiva il tuo Abbonamento cartaceo e digitale

 

Tags: , , , , , , , , , , , , , , , , , ,

ga('send', 'pageview');