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Rogers Jazzette

Written by Antonio Di Lorenzo. Posted in Paper2Media, Tools, Vintage

Rogers-jazzetteMy Old Flame è il titolo della rubrica che si occupa di strumenti vintage; l’articolo pubblicato sul n. 15 di Drumset Mag (luglio/agosto 2013) è dedicato a delle autentiche rarità, batterie le cui quotazioni attuali sul mercato dei collezionisti sono altissime, superate solo dalle Round Badge marca Gretsch di pari misure. Anche se, a mio personale parere, dal punto di vista sonoro i piccoli gioielli della mitica ditta dell’Ohio non hanno nulla da invidiare alle più blasonate Gretsch, anzi… (Leggi tutto>>)

Piatti BOSPHORUS BLACK PEARL

Written by Antonio Di Lorenzo. Posted in Paper2Media, Test, Tools

bpDal punto di vista costruttivo, oltre a essere grezzi, scuri e quindi non torniti, questi strumenti rientrano nella gamma dei piatti leggeri, anche se il loro uso di destinazione non è in primis il jazz, ma la musica amplificata. Sostanzialmente vanno incontro al trend diffuso tra i batteristi di alternative rock e di pop-rock recente di utilizzare piatti leggeri e grandi, ma che comunque abbiano una buona definizione dello sticking. (Leggi tutto>>)

Rullante Steppo Drum Bamboo Bombay

Written by Antonio Di Lorenzo. Posted in Paper2Media, Test

Un rullante (14” x 5,5”) in bambù a doghe da 14 mm. con incastro brevettato, cerchi a tripla flangia da 2,3 mm., tube lugs in ottone cromato, macchinetta tendi cordiera semplice, elegante ed efficace, 10 tiranti per lato, cordiera di ottima qualità in bronzo. Il tamburo si accorda con facilità e ha una sonorità particolare, molto calda, precisa e controllata; perfetto per i combo jazz, una volta microfonato è anche un grande rullante da studio perchè ‘naturalmente’ controllato, senza bisogno di particolari accorgimenti.

Ludwig Super Classic Psychedelic Red

Written by Antonio Di Lorenzo. Posted in Paper2Media, Test

Meglio conosciuta come Psyco Red, la finitura Psychedelic Red è costituita da strisce di colore blu, verdi e rosse su base bianca e nei set degli anni ‘60 era assolutamente instabile: come spiegato nell’articolo per la rubrica My Old Flame pubblicato sul numero di dicembre 2012 di Drumset Mag, bastava esporre per qualche ora la batteria al sole e soprattutto il colore verde diventava bianco!

Dal punto di vista acustico questo modello di Super Classic segna uno spostamento più verso il rock rispetto alle Super Classic di qualche anno prima con la verniciatura interna bianca in resacote. Queste ultime avevano un suono più morbido e rotondo; questa batteria è invece uno strumento decisamente più rock, più aggressivo, con un attacco più deciso e un suono più chiaro proveniente da tutto il set. Con un’accordatura adeguata resta sempre uno degli strumenti più versatili mai messi sul mercato. Niente di nuovo da dire sul rullante più celebre della storia, il mitico Supraphonic che poteva essere su questa batteria da 5” o da 6,5”. Nelle foto della gallery (opera di Massimo Palmieri) il rullante è il modello da 6,5”, mentre nella prova video collegata abbiamo usato un 5 pollici.

Pace e Amore

Le foto della gallery sono di Massimo Palmieri

 

Batteria Maber

Written by Antonio Di Lorenzo. Posted in Paper2Media, Test, Tools

Uno strumento in plexiglass degno dell’eccellenza italiana composto da una cassa 20” x 14”, tom 12” x 8”, tom a terra 14” x 14” e rullante 14” x 6,5”. Dimensioni che lascerebbero pensare a un set jazzistico, ma così non è… La Maber suona come un’orchestra di tamburi dotati di peculiarità che non svaniscono con il mutare degli ambienti in cui si suona. Lo strumento ha una collocazione assolutamente pop-rock, è adatto ai gruppi amplificati, uno strumento compatto ma di volume e aggressività sonora fuori dal comune.

Vintage: Avedis Zildjian anni ‘60

Written by Antonio Di Lorenzo. Posted in Paper2Media, Tools, Vintage

Per lo spazio che mensilmente Drumset Mag riserva agli strumenti vintage (la rubrica intitolata “My Old Flame”), sul numero di Ottobre 2012 parliamo dei piatti Avedis Zildjian anni ’60, ‘70 e precedenti, strumenti dal feeling inconfondibile. Piatti che non recano alcun logo stampato in evidenza, se non i timbri che indicano la ditta e la tipologia. Il suono non è quello dark (scuro) dei K turchi, né quello chiaro dei Paiste (i principali concorrenti dell’epoca), ma con un ping non distante dal cuscino di armonici inferiore del piatto. Armonici non molto pronunciati, tali che l’attacco (il ping) risulti sempre distinto e percepibile. Nello specifico abbiamo testato tre piatti: due ride da 22” e 20”, un crash piccolo da 14” e un hi hat da 15”, che potete ascoltare vedere nel video collegato a questo articolo. Buona visione e buon ascolto!

Piatti Bosphorus Latin Series

Written by Antonio Di Lorenzo. Posted in Paper2Media, Test

Questi piatti rimpiazzano nel catalogo Bosphorus la serie firmata da Ignacio Berroa. Sarebbe riduttivo pensare che simili strumenti siano adatti solo al genere latin; i due ride che abbiamo provato sul numero 4 di Drumset Mag si sono mostrati versatilissimi e adatti a generi diversi e anche lontani da quello cui fa esplicito riferimento il nome della serie di appartenenza. La prova da noi effettuata è stata fatta su i due piatti principali della linea, i ride da 20 e 22 pollici che, pur simili nelle caratteristiche strutturali, si sono dimostrati molto diversi per sonorità e comportamento sul campo, come risulta evidente dal video collegato a questo breve articolo.
Pace e Amore.

Rullante Craviotto Limited Diamond Tube Lugs

Written by Antonio Di Lorenzo. Posted in Paper2Media, Test

Un grande artigiano e costruttore contemporaneo di tamburi come Johnny Craviotto, memore della lezione del passato, si è cimentato nella costruzione di una serie di rullanti in mogano del Perù, tra cui il meraviglioso 14” x 4” che abbiamo testato sul numero 4 di Drumset Mag. Uno strumento finemente lavorato, con tube lugs di qualità, finiture curatissime, cerchi a tripla flangia, fusto in mogano con cerchi di rinforzo…

Il nostro cuore ha ceduto a una simile bellezza, per diventarne schiavo totalmente dopo averlo suonato. Dopo il Ludwig Down Beat non avevo mai più ascoltato un rullante di simili dimensioni di tale bellezza: c’è tutto in questo tamburo: corpo, pacca, sensibilità, volume e bellezza di suono.
Pace e Amore.

Gretsch Name Band Sunset Satin Flame

Written by Antonio Di Lorenzo. Posted in Paper2Media, Tools, Vintage

La Name Band, batteria di punta in casa Gretsch negli anni ’60, nacque dai consigli del grande Dave Tough, dell’orchestra di Benny Goodmann, che chiese alla ditta di Brooklyn di costruirgli una cassa più piccola, più facilmente trasportabile in città. La Gretsch gli costruì un set con una cassa da 20”. I due tom invece rimasero delle dimensioni standard: rack tom da 13” e floor tom da 16”. Il set è tuttora versatilissimo! I tom si prestano a molteplici accordature e la cassa da 20” x 14” è un concentrato di punch e toni bassi; i tom sono capaci di escursioni timbriche incredibili e di accordature molteplici; intonazione bassa per un uso pop o rock oppure, tiratissimi, mantengono quel suono ‘grasso’ che tanto fa impazzire i jazzmen più incalliti. Il rullante in legno da 14” x 5,5” Name Band a 8 tiranti, è equipaggiato con quella che fu la novità del catalogo Gretsch 1969, la macchinetta tendi cordiera denominata Lightning Throw Off nella sua prima versione, con la levetta alla sinistra e non centrale, come sarebbe stato negli anni ’70. Il rullante di legno era un optional su questa batteria nel catalogo del 1969 perché, sulla scia della Ludwig, oramai quasi tutti i set venivano forniti con il rullante in metallo di serie. Altra grande particolarità custom order di questo strumento sono le meccaniche reggitom: come spesso succedeva all’epoca, i batteristi si facevano montare meccaniche anche di altre ditte, ritenute più funzionali, come in questo caso, con il braccetto reggitom Slingerland (le altre meccaniche del set sono le classiche Gretsch Floating Action). La finitura è rarissima: la Sunset Satin Flame non è mai apparsa su catalogo (per questo molti la chiamano erroneamente Salmon Satin Flame).
Pace e Amore

Photogallery

  • Gretsch Name Band sunset satin snare
  • Gretsch Name Band sunset satin snare
  • Gretsch Name Band sunset satin snare
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  • Gretsch Name Band sunset satin snare
  • Gretsch Name Band sunset satin flame
  • Gretsch Name Band sunset satin flame
  • Gretsch Name Band sunset satin flame
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  • Gretsch Name Band sunset satin flame
  • Gretsch Name Band sunset satin flame
  • Gretsch Name Band sunset satin flame
  • Gretsch Name Band sunset satin
  • Gretsch Name Band sunset satin
  • Gretsch Name Band pedal

Taye Go Kit

Written by Antonio Di Lorenzo. Posted in Paper2Media, Test, Tools

Il set base della Taye Go Kit è composto da rullante 13” x 4”, cassa 18” x 7,5”, tre tom rispettivamente de 8” x 5”, 10” x 5,5”, 12” x 6”. La grande novità è l’aggiunta di un timpano con le gambette da 14” x 11”. Separatamente è possibile acquistare tre borse professionali dove alloggia l’intero set. I bordi risultano ben rifiniti a 45°, i fusti sono in multistrato di betulla e tiglio americano di buona qualità, con le venature del legno a vista. Il set è equipaggiato con pelli denominate Dynatone, ottime ed efficaci come resa.
Personalmente ho sempre resistito per anni alla tentazione di questo Go Kit, che però in poche settimane si è conquistato il plauso di tutti coloro che mi circondano, dal pianista con cui suono, al drum tech che trasporta e monta lo strumento, dal proprietario del club a quello dello studio di registrazione. Per finire al sottoscritto, che alla fine ha ceduto alle lusinghe di questo attrezzo, perché la sua schiena… comincia a dare segni di cedimento! Tenendo presente la facilità con cui è poi possibile customizzarlo (con un proprio rullante, o con altri suoni che lo spazio risparmiato ci consente di utilizzare) consiglio caldamente questo set che ha un costo accessibile, pari alla qualità con cui è costruito, e che tornerà di grane utilità per una serie infinita di situazioni lavorative, come prove, concerti in piccoli posti, ma anche in grandi, data la possibilità di amplificarlo facilmente e con ottimi risultati.
Pace e Amore

Delay Groove

Written by Antonio Di Lorenzo. Posted in Musicians, Paper2Media, Tutorial

A soli 27 anni aveva già un curriculum di rilievo, diventato importantissimo quando ha ricevuto la chiamata per occupare lo sgabello del gruppo di musica leggera più longevo e famoso d’Italia, i Pooh. Un ruolo delicato, anche perché dopo l’abbandono dello storico Stefano D’Orazio Phil si è trovato a sostituire un grandissimo batterista quale Steve Ferrone. Ma il giovane musicista originario dell’Alta Badia non solo ha dimostrato di avere le carte in regola per quel lavoro, ma anche di avere tanto altro da dire in altri e per certi versi più impegnativi contesti musicali.
Sul numero di maggio di Drumset Mag Phil Mer ha trascritto le prime battute di un suo solo (“Delay Groove”) in cui emula l’effetto del delay riproducendolo ‘artigianalmente’ sul rullante. Di “Delay Groove” trovate il file audio con l’esecuzione della parte trascritta sulla rivista, mentre nel video collegato a questo articolo Phil Mer improvvisa su una base di basso e batteria da lui stesso suonati, mettendo in pratica alcune delle idee esposte nella sua intervista a Drumset Mag. Il brano si intitola “Naso”. Buon divertimento.

Video:

Il file audio in versione mp3:

Yamaha YD 9.000 Recording Custom

Written by Antonio Di Lorenzo. Posted in Paper2Media, Vintage

Le Yamaha 9000 sono l’esempio di come a volte i difetti si trasformino, grazie anche a un sapiente marketing, in virtù. Ho posseduto una di queste batterie e ricordo perfettamente la mia impressione: “Ma, non suona!?!?”. Le 9000 sono delle batterie a mio parere discutibili, con volume minimo e per di più con una quantità di massa hardware addosso che impedisce ai fusti di vibrare, con un suono ‘medioso’ e casse quasi sorde. Il frutto di un’epoca non bellissima come gli anni ‘80 in cui sono cresciuto. Ma allora, perché lo strumento ha avuto un grande successo? Molte componenti: innanzitutto il marketing. La Yamaha investì molto in pubblicità ed endorser (si dice che addirittura a Cozy Powell e al suo enturage regalarono delle moto!). Inoltre, le batterie che usavano gli endorser di rado erano quelle acquistabili dai comuni mortali: Tommy Aldrige ne aveva una in carbon-fibra, Colaiuta e altri avevano strumenti custom, pur continuando a usare negli studi altre batterie; Larry Mullen degli U2 utilizza da sempre i rullanti Brady e le stesse batterie in studio; e nella copertina di un album è immortalato con una Ludwig nera Superclassic. Tant’ è che, a eccezione di Gadd e Weckl (che non ha mai avuto ‘normali’ Yamaha), molti sono poi ritornati a ditte americane, Colaiuta ed Erskine in testa.
Ma è importante inquadrare anche il periodo storico-tecnologico: siamo agli inizi degli anni ‘80, il digitale è appena comparso con i DAT, mentre la registrazione multi traccia si fa ancora su nastro. Le 9000 sono poco sonore e spesso in tandem con le pelli Pinstripe si rivelano perfette, in relazione ai limiti dinamici della registrazione di quei tempi: in pratica lo strumento sembra essere tarato per la ripresa microfonica e per gli studi di registrazione e consente ai fonici di realizzare facilmente il suono di una batteria ‘ipercontrollata’. Insieme alle casse NS 10 della Yamaha, lo standard in studio per i monitor (che personalmente ho odiato nei missaggi per la loro assoluta ‘neutralità’), le 9000 sono richieste dagli studi e – come mi ricorda il liutaio Stefano Berti (SteppoDrums) – venivano inserite negli imballaggi le istruzioni su come amplificarle già dalla stessa ditta!
A onor del vero le meccaniche – aste, snodi, pedali e quant’altro – erano di primissimo livello, tuttora le mie preferite, ma i fusti… Quando con gli ADAT su nastri Super VHS la registrazione digitale divenne multi traccia, comparirono le Yamaha 10000, le altre batterie di fascia alta in acero tornarono in auge mentre le 9000 divennero, per fortuna, obsolete.
Ma negli anni ‘80 spopolavano! In quel periodo divenne possibile acquistare a poco prezzo batterie vintage fantastiche; la mia prima Gretsch la scambiai con la 9000 e spesso ho utilizzato le Yamaha come merce di scambio. E pensare che in commercio in quegli anni la Rogers produceva le XP8 totalmente in acero e la Gretsch, pur esagerando con la lunghezza dei fusti, aveva un suono fantastico. Adesso le 9000 ritornano! Aiuto! Anzi no. Speriamo abbiano successo, e che ritorni la moda di vendere i ‘vecchi catorci’ Ludwig, Gretsch, Rogers o Slingerland e altri ancora; mi raccomando: avvisatemi se lo fate!

Foto Gallery

Slingerland Modern Jazz Outfit

Written by Antonio Di Lorenzo. Posted in Tools, Vintage

La batteria di cui ci occupiamo nella rubrica dedicata al vintage del primo numero di Drumset Mag risale alla seconda metà degli anni ‘60, quando fu introdotta nei cataloghi Slingerland la finitura Red Satin Flame.

Uno strumento costoso per l’epoca, perché le finiture Satin Flame costavano molto di più per ogni singolo tamburo. Questa Slingerland è composta da cassa 20” x 14”, tom 12” x 8” e timpano 16” x 16”. Il rullante è il suo classico 14” x 5” in metallo Gene Krupa Sound King: uno strumento in ottone a otto tiranti, un classico sempre molto efficace con il suo Zoomatic Strainer (tendi cordiera).

I fusti sono a tre strati acero-mogano-acero con cerchio di rinforzo in acero. Il suono supera abbondantemente i confini del jazz e l’utilizzo con soli strumenti acustici, come evidenziato dal video collegato.

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