Le Yamaha 9000 sono l’esempio di come a volte i difetti si trasformino, grazie anche a un sapiente marketing, in virtù. Ho posseduto una di queste batterie e ricordo perfettamente la mia impressione: “Ma, non suona!?!?”. Le 9000 sono delle batterie a mio parere discutibili, con volume minimo e per di più con una quantità di massa hardware addosso che impedisce ai fusti di vibrare, con un suono ‘medioso’ e casse quasi sorde. Il frutto di un’epoca non bellissima come gli anni ‘80 in cui sono cresciuto. Ma allora, perché lo strumento ha avuto un grande successo? Molte componenti: innanzitutto il marketing. La Yamaha investì molto in pubblicità ed endorser (si dice che addirittura a Cozy Powell e al suo enturage regalarono delle moto!). Inoltre, le batterie che usavano gli endorser di rado erano quelle acquistabili dai comuni mortali: Tommy Aldrige ne aveva una in carbon-fibra, Colaiuta e altri avevano strumenti custom, pur continuando a usare negli studi altre batterie; Larry Mullen degli U2 utilizza da sempre i rullanti Brady e le stesse batterie in studio; e nella copertina di un album è immortalato con una Ludwig nera Superclassic. Tant’ è che, a eccezione di Gadd e Weckl (che non ha mai avuto ‘normali’ Yamaha), molti sono poi ritornati a ditte americane, Colaiuta ed Erskine in testa.
Ma è importante inquadrare anche il periodo storico-tecnologico: siamo agli inizi degli anni ‘80, il digitale è appena comparso con i DAT, mentre la registrazione multi traccia si fa ancora su nastro. Le 9000 sono poco sonore e spesso in tandem con le pelli Pinstripe si rivelano perfette, in relazione ai limiti dinamici della registrazione di quei tempi: in pratica lo strumento sembra essere tarato per la ripresa microfonica e per gli studi di registrazione e consente ai fonici di realizzare facilmente il suono di una batteria ‘ipercontrollata’. Insieme alle casse NS 10 della Yamaha, lo standard in studio per i monitor (che personalmente ho odiato nei missaggi per la loro assoluta ‘neutralità’), le 9000 sono richieste dagli studi e – come mi ricorda il liutaio Stefano Berti (SteppoDrums) – venivano inserite negli imballaggi le istruzioni su come amplificarle già dalla stessa ditta!
A onor del vero le meccaniche – aste, snodi, pedali e quant’altro – erano di primissimo livello, tuttora le mie preferite, ma i fusti… Quando con gli ADAT su nastri Super VHS la registrazione digitale divenne multi traccia, comparirono le Yamaha 10000, le altre batterie di fascia alta in acero tornarono in auge mentre le 9000 divennero, per fortuna, obsolete.
Ma negli anni ‘80 spopolavano! In quel periodo divenne possibile acquistare a poco prezzo batterie vintage fantastiche; la mia prima Gretsch la scambiai con la 9000 e spesso ho utilizzato le Yamaha come merce di scambio. E pensare che in commercio in quegli anni la Rogers produceva le XP8 totalmente in acero e la Gretsch, pur esagerando con la lunghezza dei fusti, aveva un suono fantastico. Adesso le 9000 ritornano! Aiuto! Anzi no. Speriamo abbiano successo, e che ritorni la moda di vendere i ‘vecchi catorci’ Ludwig, Gretsch, Rogers o Slingerland e altri ancora; mi raccomando: avvisatemi se lo fate!
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